3 concetti essenziali per potenziare la branding strategy (più qualche buon consiglio)

Brand Preference, Brand Relevance, Brand Experience. Quando la strategia di marca e l’esperienza che si offre al consumatore sono parte di un’unica e coerente operazione strategica, ne consegue non solo un maggior livello di fedeltà del cliente al proprio brand, ma anche una maggiore domanda. Ciò che rende brand una semplice marca, è infatti il mantenimento della promessa che la stessa fa quotidianamente al suo consumatore, sia che si tratti di beni che di servizi. Il plus valore che gli si garantisce non è di natura solo funzionale, ma anche e soprattutto sociale, emotivo e auto-espressivo. In quest’ottica il brand si configura come l’espressione di un rapporto che si evolve costantemente in base alle percezioni e alle esperienze del cliente stesso, benché è bene dirlo le percezioni sono difficili da scardinare.

Indice dei contenuti

  1. Cos’è la brand preference?
  2. Branding strategy e disruptive innovation
  3. Diventare distintivi con la Brand relevance
  4. Brand loyalty: esiste ancora?
  5. Perché parliamo di brand experience?
  6. BtoB e BtoC: che differenza per la brand experience?
  7. PMI: come approcciarsi alla brand experience
  8. Small data e Big data nel branding

 

1. Cos’è la brand preference?

Come facilmente intuibile, per Brand Preference si intende la situazione di preferenza di un marchio rispetto ai suoi competitor. Ciò significa che il brand è in grado di trasmettere e far percepire al suo target  una serie di elementi che, in un determinato settore di mercato, gli permettono di farsi riconoscere come prodotto – o servizio – migliore. Pur rimanendo una definizione valida, questo assunto non è più in grado, da solo, di assicurare il successo del business.

La Brand Preference è il concetto su cui David Aaker si è maggiormente concentrato nelle sue riflessioni e studi sul concetto di brand leadership definendola come “la capacità di occupare una posizione che sia in grado di impattare sul business”.
Oggi la questione per le PMI non è più la preferenza, quindi il farsi scegliere dal cliente, bensì l’essere sufficientemente rilevanti rispetto ai competitor. Come ci insegna Aaker, la preferenza del marchio comporta un’innovazione incrementale al fine di rendere lo stesso più attraente o affidabile per i clienti o i potenziali tali. Le marche sono percepite come simili almeno per quanto riguarda l’erogazione di benefici funzionali. La soluzione diventa quindi quella di costruire categorie specifiche o sub-category nelle quali collocare il proprio brand. Ma come fare?

 

2. Branding strategy e disruptive innovation

Per cercare di definire una nuova categoria e per assumerne la leadership, è quindi  essenziale la capacità che le PMI hanno di fare innovazione.

Più specificatamente, ciò a cui le piccole e medie imprese devono guardare è alla possibilità di passare dalla cosiddetta innovazione incrementale alla disruptive innovation, cioè la capacità di produrre un tipo di innovazione che incida radicalmente sul comportamento dei clienti cambiando le modalità attraverso cui questi sono abituati ad utilizzare e pensare beni e/o servizi.

Se da una parte è vero che le imprese multinazionali possono contare su budget maggiori da stanziare per la ricerca e sviluppo di innovazioni, è pur vero che il vantaggio indiscusso delle PMI è il dinamismo intrinseco dettato dalle minori proporzioni di business e la minor incidenza che un trade error può comportare a livello di immagine e sull’economia generale.

Mantenendo lo sguardo ancora volto alla Brand Preference e sempre in termini di innovazione, non si può non menzionare lo scenario di opportunità che la Open innovation offre alle PMI. Ora che le conoscenze si creano e si sviluppano attraverso reti e luoghi alternativi, il valore dell’Open innovation e le possibilità offerte da questo tipo di approccio strategico, permettono infatti di ricorrere ad una serie di strumenti e soluzioni provenienti da realtà esterne a quella aziendale.

Ulteriore impegno richiesto alle PMI è quello di pensare in termini di estensioni di prodotto o di linea. Le estensioni possono essere orizzontali, per andare ad occupare dello spazio di mercato, o verticali e quindi intese a scalzare i competitor al fine di costruire una nuova categoria di business. Se il business della tua impresa non è in grado di costruire una categoria specifica o sub-category nella quale andare a collocare il proprio brand, la tua marca farà sempre fatica a trovare un posizionamento distintivo, tale da agire sulla Brand Experience del tuo cliente.

Se come brand agisci infatti all’interno di una categoria già esistente, sarà il leader di quella categoria a determinare il cosiddetto benchmark esperienziale. Torna quindi la necessità per le PMI di porsi all’interno degli scenari di mercato di riferimento in maniera distintiva e di arricchire costantemente la propria proposition con temi che siano in grado di interessare il cliente mettendosi in una posizione di ascolto costante verso di lui. Se il tema rimane quello di operare correttamente nell’ambito del brand building, in questo caso dovremmo affermare con maggior precisione che l’obiettivo delle PMI deve essere quello di costruirsi un’identità che crei posizionamento, che crei rilevanza.

 

3. Diventare distintivi con la Brand relevance

Il concetto di Brand Relevance si esprime nella capacità di costruire una serie di comportamenti nel cliente che rendono il brand in grado di smarcarsi dalla concorrenza all’interno del business di riferimento e si realizza grazie ai momenti di innovazione a cui si è poc’anzi fatto riferimento. La Brand Relevance è, pertanto, uno dei fattori maggiormente determinante per il successo a lungo termine di un marchio: i marchi forti sono in grado di agire sulle abitudini dei clienti ispirando e spingendo all’azione ed essendo in grado di farsi ricordare durante le fasi e decisioni di acquisto essendo potenzialmente in grado di definire categorie e mercati completamente nuovi. La Brand Relevance è quindi la chiave per il successo competitivo di un brand all’interno della sua categoria.

In un’ottica strategica, la Brand Relevance implica l’innovazione trasformazionale o sostanziale, la capacità di percepire e interpretare i cambiamenti nel mercato oltre che nelle abitudini dei consumers, la capacità di sviluppare nuove prospettive e visioni, la volontà di collocarsi al di fuori dalla zona di comfort del mercato di riferimento esistente. La competizione tra le marche passa dalla dimensione “must have” di un prodotto e/o servizio – ovvero quegli elementi imprescindibili che il cliente o potenziale tale si aspetta dall’offerta proposta dal brand – per  concentrarsi sullo sviluppo di punti di differenza che daranno ai consumatori motivo di preferenza verso la marca.

L’assioma fondamentale è che una marca rilevante deve essere in grado di portare valore differenziante al mercato di riferimento e al target. Solo così, facendo di questa distintività il vero elemento attrattivo, il brand potrà stabilire un certo livello di legame con i suoi clienti e gettare le basi per una esperienza positiva e continuativa.

Le strategie messe in atto per il raggiungimento sul mercato della Brand Relevance partono dal prodotto o business idea, per impattare poi sul tema del branding, e quindi sugli aspetti legati alla comunicazione del posizionamento. Ma la comunicazione è solo la fase esecutiva di una più ampia strategia che lega identità di marca ai processi di trasferimento delle informazioni: pensare di poter costruire, infatti, la propria distintività solo attraverso la comunicazione espone al rischio che “ciò che dici” venga semplicemente superato da “ciò che dice qualcun altro”.

 

4. Brand loyalty: esiste ancora?

Riuscire ad instaurare un durevole legame di affezione e fedeltà tra un brand e i suoi consumers non è mai stato più complicato come al giorno d’oggi. Se da una parte si sono moltiplicati i momenti di contatto, i touch-points, attraverso cui sviluppare l’esperienza con la marca, è pur vero che il consumatore è sempre più mobile e questo aspetto mina, difatti, l’effettiva possibilità di attivare quel meccanismo di lock-in a cui ogni brand ambisce.

Per anni la strada battuta è stata quella dei programmi di loyalty marketing, l’insieme di attività volte alla fidelizzazione che vedevano il cliente parte attiva delle stesse. La marca faceva qualcosa per il cliente quando il cliente faceva qualcosa per la marca (es. raccolta punti). Oggi il principio si è ribaltato. Questa evoluzione è strettamente connessa all’ingente quantità di dati che le marche dispongono rispetto ai propri consumers e alle loro abitudini. Ora è il brand che per raggiungere e mantenere la fidelizzazione con il suo consumatore offre un plus valore in cambio, dei contenuti estremamente personalizzati. Nell’era della digital transformation i brand hanno un’arma in più da utilizzare, purché siano in grado di comprenderla e tradurla in effettive strategie di business. Quest’arma sono certamente i dati – big o small – che possediamo e che ci consentono di ottenere molte informazioni sui nostri clienti.

Il risultato di una strategia di marca inestricabilmente connessa all’esperienza che viene offerta al consumatore si traducono in maggiore domanda, maggiore quota di mercato e un incremento dei livelli di fedeltà che i concorrenti invidieranno.

Nonostante le aspettative dei consumatori vengano costantemente ripristinate, quando diamo uno sguardo a ciò che sta davvero aiutando le PMI e le aziende in generale  a raggiungere una crescita sostenibile, vediamo una caratteristica comune: lo sforzo costante verso la realizzazione di una migliore esperienza del cliente (in gergo tecnico: customer journey e customer experience).

 

5. Perché parliamo di brand experience?

Dopo quanto detto, appare evidente che è giunto il momento per le PMI di sposare il valore rappresentato dalla centralità del cliente e abbracciare lo sviluppo delle esperienze che lo riguardano come mezzo principale per raggiungere i propri obiettivi di business e mantenere una posizione rilevante all’interno del proprio mercato. La difficoltà intrinseca è che i punti di contatto tra brand e clienti  (touch-point) sono oggi frammentati e in continua evoluzione e, per non pregiudicare l’esperienza del cliente e la fedeltà che si cerca di costruire verso la marca, devono pertanto essere costantemente aggiornati.

Come suggerisce Aaker, nel complesso delle strategie di marketing, la creatività può indubbiamente intercettare le possibilità di innumerevoli spunti di conversazione tra il brand e i suoi consumers o potenziali tali. Posto il limite pressoché irraggiungibile dell’intuizione, la priorità resta comunque quella di sviluppare una Brand Experience di successo e omnicanale, che integri tutti gli sforzi social, mobile, web, commerciali, di servizio e di investimenti.

I budget dedicati a potenziare e migliorare la Customers Experience oltre che a realizzare opportunità immediate, sono necessari all’interno di una fase di profonda trasformazione digitale come quella che stiamo vivendo. Parimenti rappresentano una condizione essenziale affinché diventi possibile realizzare un’infrastruttura customer-centric in grado di stabilire connessioni e fornire assistenza in real-time. Solo così, attraverso gli innumerevoli touch-point a cui è ora indispensabile fare riferimento e che sono a tutti gli effetti parte integrante dell’esperienza tra brand e cliente, è possibile concentrarsi sul mantenimento della Brand Relevance e comprendere le aspettative e le evoluzioni di preferenze del proprio target  di mercato.

È essenziale, nell’ideazione di una strategia di Customer Experience di successo, che l’impegno organizzativo e la preparazione operativa siano sempre abbinate alle capacità tecnologiche al fine di poter rispondere in maniera efficace alle aspettative dei propri clienti, sempre più connessi, esigenti e a proprio agio con i nuovi programmi, servizi e tecnologie emergenti.

Si potrebbe giustamente affermare che, in questo senso, la centralità dell’esperienza del cliente funge quindi da catalizzatore per l’accelerazione digitale e l’innovazione e, in un certo senso, riporta il marketing in una posizione di leadership indiscussa, a condizione che al centro del processo ci sia il brand.

 

6. BtoB e BtoC: che differenza per la brand experience?

Su molti aspetti, il marketing opera una separazione netta tra dinamiche preposte ad attuarsi nei contesti di B2B e dinamiche proprie del B2C. Pur rimanendo valide tutta una serie di peculiarità che contraddistinguono i procedimenti di operatività nei due diversi settori, quando entriamo nel merito di ciò che accade – o dovrebbe accadere – nell’ambito della Brand Experience i confini diventano inevitabilmente meno netti. Ciò accade perché, nel contesto di mercato contemporaneo,  nella realizzazione dell’esperienza che il cliente ha con un brand, a conti fatti le distanze sono pressoché nulle.

Per le PMI poco importa se il consumatore finale di un prodotto o servizio sia un privato o sia un rivenditore, a conclusione del processo di acquisto, la risoluzione dell’esperienza con il brand sarà rappresentata dalla referenza e dalla testimonianza ovvero dalla promozione pubblica della propria esperienza (positiva o negativa). Banalmente potremmo dire che il cliente, chiunque esso sia, dopo aver utilizzato il bene o servizio acquistato, ne scrive o ne parla. Nel bene o nel male, che una PMI operi nel settore B2B o in quello B2C- e quindi che abbia o meno un rapporto mediato da una rete di rivenditori piuttosto che diretto – l’eventuale problema di gestione, ad esempio, di una lamentela, rimane comunque di diretta responsabilità. Alla fine è sempre ad un cliente che si deve rispondere, anche se esso è personificato da un’azienda.

 

7. PMI: come approcciarsi alla brand experience

Ciò che guida i principi di innovazione correlati con la Brand Experience, al di là delle esigenze di Brand Preference e ancor di più di Brand Relevance, è il “contesto specifico” ovvero l’insieme rappresentato da tutto ciò che è importante per il proprio target di riferimento: uso della tecnologia, abitudini, aspetti e considerazioni etiche, modi di interazioni con le altre persone ma anche con le altre marche, prodotti e/o servizi. La comprensione di questo quadro generale permette di ottimizzare con successo i momenti di contatto tra brand e clienti, modellandoli e personalizzandoli sulle loro esigenze. Lavorando correttamente in questa direzione è possibile arrivare ad influenzare le percezioni e le sensazioni che i consumatori collegheranno al brand, aumentandone il ricordo nelle fasi decisionali e di acquisto e tradurre questa serie di comportamenti nel raggiungimento di un risultato positivo per il proprio business.

Per quanto potenzialmente infinite le direzioni che si possono intraprendere, semplificare e coinvolgere sono due tra i principi guida per le PMI per creare una Brand Experience di successo. Tendere a rendere più facile la cosiddetta fase di “on-board” a fronte di un aumento della complessità, perseguire un tasso sempre più elevato di intuitività e, soprattutto, velocità, offrire contenuti personalizzabili in grado di invogliare ad approfondire e in grado di intensificare il rapporto di relazione con il brand che si colloca al di là del solo momento di acquisto ed estende i suoi effetti nel tempo. Ne consegue un impatto diretto e positivo sulla Brand Relevance e sul business.

 

8. Small data e Big data

Per la costruzione di una Brand Experience che abbia impatto sul business, è oggi necessario per le PMI considerare le enormi opportunità che offrono le tecnologie, soprattutto quelle di analisi avanzata dei big data e le applicazione dell’intelligenza artificiale applicate al marketing. Il focus si sposta allora sulla necessità di integrare Big Data e Small Data.
Ma perché sono entrambi così importanti? Una Brand Experience soddisfacente è quella che si costruisce in maniera accurata attorno ai clienti e risponde alle loro diverse esigenze. Va da se quindi la necessità per le PMI di una comprensione dei comportamenti dei consumers. L’unico modo per ottenerla è proprio quello di incrociare Big e Small Data. Se i primi concernono il contesto di business generale e si presentano in mole notevole ma in tempo reale e provenienti da fonti eterogenee, gli Small Data sono caratterizzati da un volume informativo minore, maggiormente accessibile e comprensibile in riferimento alle abitudini e/o ai bisogni specifici che sono insoddisfatti nei clienti. Integrando così l’AI all’interno delle strategie che guidano l’intero customer journey si definiscono efficacemente anche i consumer insight, fondamentali per comprendere la direzione verso cui far evolvere le proprie strategie di marketing e progettare l’esperienza di marca.

 

Lesson Learned

  1. Brand Preference e Brand Relevance sono parti dello stesso progetto finalizzato all’ottimizzazione e al costante miglioramento della Brand Experience.
  2. Per Brand Preference si intende la situazione di preferenza di un marchio rispetto ai suoi competitor. Il suo mantenimento prevede la realizzazione di momenti di innovazione costante.
  3. Essenziale per il business delle PMI è la possibilità agire sulla disruptive innovation al fine di creare un’identità che crei posizionamento e rilevanza sul mercato.
  4. La Brand Relevance è in grado di concorrere alla determinazione del successo a lungo termine di un brand nell’ottica in cui questo riesca a portare valore al proprio consumers.
  5. Solo con una strategia di marca connessa all’esperienza si può agire sul sentimento e sul legame di fedeltà tra consumers e brand. Per raggiungere e mantenere la fidelizzazione dei consumers è essenziale offrire contenuti personalizzati che restituiscano un plus valore.
  6. Considerata la frammentazione dei touch-point tra brand e consumers, nella definizione di una strategia di Customer Experience di successo è essenziale un aggiornamento costante delle capacità tecnologiche in abbinamento con l’impegno organizzativo e la preparazione operativa.
  7. Nell’ambito della Brand Experience i confini tra B2B e B2C sono sempre più labili. Nell’esperienza con il brand vi è sempre una parte a cui rispondere, e poco cambia nel caso in cui questo sia un consumatore singolo o un’azienda.
  8. Per la costruzione di una Brand Experience di successo, è essenziale per le PMI sfruttare adeguatamente le enormi opportunità offerte dalle nuove tecnologie di analisi avanzata dei big data e dei small data e dell’AI applicata al marketing.