Investimenti culturali delle imprese: come si fa?

L’opportuna iniziativa di Gazzetta, Confindustria Barie BAT e Banca Intesa negli scorsi giorni tenutasi a Bari, sul tema impresa e cultura offre spunti di riflessione sul tema del mecenatismo anche alla luce dei dati non particolarmente lusinghieri di Art Bonus. Non è sufficiente Art Bonus per quanto utile, a fare una fotografia dell’azione dei privati alla valorizzazione dei beni culturali per misurare tutte le forme di mecenatismo o di donazione o di marketing culturale.

In valore degli investimenti culturali in Italia

C’è moltissimo sostegno fatto dalle imprese che è evidentemente non mappato. Secondo una ricerca Civita del 2017 (l’unica ancora disponibile sul tema) il 14% delle imprese italiane sopra i 50 addetti che sceglie di investire in cultura, lo fa per lo più in progetti regionali (62%), con una spesa media di 82.500 euro. (campione di 1000 imprese italiane, sopra i 50 addetti, che hanno dichiarato di aver investito in ambito culturale negli ultimi 5 anni in rappresentanza dell’universo di riferimento di 24.300 imprese). Non mi paiono dati trascurabili. 

A mio parere, ci sono molti più soldi che buone idee. Provo a spiegare questo assunto. Art bonus al Sud e in Puglia, non ha funzionato soltanto perché le imprese non hanno colto le opportunità fiscali. La differenza tra nord e sud dell’italia sta tutta nella differenza tra PA del nord e del sud e nell’autorevolezza dei proponenti dei progetti. Se foste una impresa che vuole investire in valorizzazione di beni o attività culturali del proprio territorio quale elemento valutereste per primo, se non l’autorevolezza e l’affidabilità dei proponenti, ovvero la qualità progettuale e la capacità e credibilità di portarli a termine per più di una edizione?

Cosa spinge o potrebbe spingere le imprese ad investire oltre la semplice sponsorizzazione? Tre concetti semplici. Cura. Strategia. Misurazione.

Come si fanno investimenti culturali: qualche suggerimento

Cura in questo contesto vuol dire lavorare sulle affinità espansive tra pubblico e privato correndo qualche rischio, con il comune intento di sperimentare nuove forme di collaborazione. Cura per le imprese significa sviluppare una vera politica di welfare branding per curare il bene pubblico che si traduce in beneficio per la propria marca. Cura per le imprese vuol dire passare dal posizionamento ad assumere una posizione, ovvero affermare un ruolo politico delle imprese per il benessere collettivo. 

Strategia implica che l’investimento culturale sia inteso come un processo aziendale e come tale richiede coerenza con i valori dell’impresa perché produca differenziazione competitiva. Ma ha rilevo strategico significativo quando ha continuità nel tempo. Per avere continuità deve essere misurabile. Un buon esempio è come Biscotti di Leo ha gestito l’investimento culturale su Matera 2019.

Misurazione significa porre degli indicatori in fase progettuale, durante e dopo la sua esecuzione. Tutti gli investimenti culturali rientrano nella cosiddetta Responsabilità Sociale di Impresa e ormai negli indicatori ESG (Environment, Social e Governance) con cui tutte le imprese ora dovranno fare i conti. Ci sono indicatori internazionali di misurazione GRI sui cui si fonda la misurazione delle ricadute di una specifica azione. Ogni azione che compiamo come imprese agisce sulla nostra traccia sociale ovvero sulla nostra reputazione, che è oggetto misurabile. 

Chiudo con una proposta, nella speranza di non assistere più un convegno su questi temi o di poter finalmente commentare dati positivi. Occorre per entrambi i soggetti in campo, comprendere su quali leve bisogna agire per fare azionare l’investimento culturale da parte delle imprese. Attivazione possibile solo se si innesca un dialogo virtuoso tra i diversi soggetti a partire dalla co-progettazione delle iniziative. Comincerei ad esempio con un laboratorio stabile per PA e imprese – di cui certamente il Club delle imprese per la cultura di Confindustria Bari e BAT può essere fra gli animatori – in cui si sperimenti proprio il “come si fa” come sistema virtuoso per generare valore per entrambe i soggetti superando la logica della sola leva fiscale come strumento di investimento.