Erasmo da Rotterdam e le strategie culturali per il brand
Circa quaranta musei e un numero consistente di fondazioni pubblico/privato (la maggior densità di fondazioni del paese si registra nel Cantone di Basilea Città, con 45,7 fondazioni ogni 10.000 abitanti Fonte: Rapporto 2016 dell’Ufficio Federale della Cultura) e di ben celati filantropi rendono un fazzoletto di terra tra Svizzera, Francia e Germania il cuore del neo mecenatismo e del rapporto tra pubblico e privato davvero virtuoso.
È cosi che tra Basilea e Friburgo tra il fiume Reno e la Foresta Nera nelle terre di Erasmo da Rotterdam si concentra un alto tasso di investimento culturale con fortissima collaborazione tra pubblico e privato. Per comprendere come si possa costruire un rapporto virtuoso tra pubblico e privato e mettere la cultura al centro della propria strategia di sviluppo urbano basta andare a leggere la lista dei donatori, amici e componenti della fondazione del Kunstmuseum Basel, l’istituzione pubblica il cui nuovo building è stato costruito con un budget da 50 milioni di franchi per metà donati da un solo privato cittadino. Nota di cronaca utile a comprendere il ragionamento che qui vogliamo provare a fare è che alla inaugurazione della nuova sede, il donatore non era neanche presente. Il partner ufficiale Credit Swiss, così riporta nel suo sito: “Sponsorship has been a firm feature of our corporate and communications strategy for more than 40 years, with culture and sports at the heart of our activities. In the cultural sphere, the main thrust of our sponsorship is supporting individuals, organizations, and institutions from classical music and the fine arts, from around the globe”. Non c’è bisogno certo di traduzione.
È che dire della Fondazione Beyeler, nata per idea dei celebri galleristi e collezionisti Hildy and Ernst Beyeler che nel 1989 convertono la propria collezione in fondazione con lo scopo di renderla pubblica e accessibile e sostenere l’interesse dei più giovani all’arte. Nel 1997 Renzo Piano ne disegna la nuova sede a Riehen che oggi ne fa una delle più importanti istituzioni private con funzione pubblica aperta 365 giorni all’anno.
Ma Basilea così incastonata tra tre paesi nel cuore dell’Europa, ci riserva anche la presenza a Weil am Rhein (con un solo autobus extraurbano si viaggia tra Svizzera e Germania) del Vitra Campus e del Vitra design Museum. Si tratta di una operazione complessa e altamente attrattiva per due ordini di questioni. La prima è la stretta relazione tra impresa e cultura che caratterizza il brand Vitra dal 1950 – iniziata con la collaborazione con Ray e Charles Eames, Verner Panton e Alexandre Girard- e che vede la realizzazione dell’impianto di costruzione di arredi per la casa e gli spazi pubblici a più riprese dal 1989 con progetti di Frank Gehry, Alvaro Siza, Zaha Hamid e più tardi con Herzog & de Meuron che disegnano lo Schaudepot e la Vitra Haus. La seconda è la capacità di pensare gli spazi produttivi e di vendita come spazi pubblici con il museo e la Vitra Haus, che sarebbe improprio chiamare spazio di vendita, proprio per la capacità della proprietà di immaginare questo spazio come luogo di conoscenza e diffusione della cultura del design. Naturalmente tutto quello che vedi puoi comprarlo a riprova che profitto e cultura non sono il diavolo e l’acqua santa.
E in ultimo come non ricordare il museo dedicato a Jean Tinguely (il celebre artista della macchine-scultura) una donazione alla città della Fondazione Roche per i suoi 100 anni, completante costruito e gestito dal 1996 con proprie risorse.
Ma come si può spiegare una tale quantità di interventi, al di là della presenza di un alto numero di istituzioni finanziarie e grandi aziende della chimica?
In questo certamente la presenza di Erasmo da Rotterdam e dell’insediarsi della cultura protestante nella Controriforma ha generato un atteggiamento di estremo pragmatismo che a nostro parere viene proprio dalle tesi del teologo, unico cattolico sepolto nella cattedrale protestante di Basilea. Le tesi dell’humanitas romana e più tardi dell’umanesimo rinascimentale che in quel territorio sembra non essersi mai spenta in una gara a fare meglio per il bene comune, la bellezza e la cultura. Se tante imprese in questo, certo ricco fazzoletto di terra, impiegano la cultura come strumento per rafforzare la reputazione e tanti privati diventano donatori sostenendo il concetto di arte e pubblica fruizione qualche ragione va ascritta certamente ad aspetti storico culturali di stampo protestante e cattolico ben amalgamanti. Ma in senso più laico e aziendale è indiscusso che le ragioni per cui le imprese hanno investito ingenti risorse sta nell’incorporare nel DNA del proprio brand i geni della cultura e del pubblico servizio.
Cosa possiamo trarre dai casi che qui abbiamo riportato?
Che una strategia di sviluppo del territorio non può che essere tra pubblico e privato con la costruzione di un brand urbano fondato sulla cultura, che con la sua quantità di musei e gallerie d’arte costringe il visitatore ad un soggiorno di più di tre giorni. Che il mecenatismo e la filantropia fanno bene alla marca.
Allora forse è il caso di introdurre dopo l’Art Bonus, il Brand Cultural Index (BCI) ovvero un indicatore dell’investimento culturale come strumento che dia consistenza alla reputazione, che misuri la relazione tra profitto e quota investita in cultura al di là del credito di imposta. L’indice a cui facciamo riferimento dovrebbe misurare, sia la capacità di investimento sia la capacità di gestione nel processo di impresa dell’iniziativa di mecenatismo. Del resto se Credit Swiss da oltre 40 anni lo fa qualche ragione ci sarà? Sì tratta di immaginare un rating che il consumatore/cliente possa impiegare come sistema di valutazione della responsabilità dell’impresa verso il bene comune e la cultura, visto che appare chiaro che quest’ultima può costituire uno strumento di potente differenziazione e di miglioramento della reputazione. Si potrebbe applicare alle città? È una cosa complicata? Noi di CaruccieChiurazzi proveremo a costruire il BCI. Prima tappa viaggio studio con le imprese e gli amministratori a Basilea. Si accettano prenotazioni.