Il coraggio di usare la cultura per creare sviluppo
Circa un anno fa abbiamo contribuito a raccontare il progetto Lungomare Sud ovvero per la costa barese di Levante, che un gruppo di soggetti del territorio avevano immaginato per quell’ampio sistema di costa da anni in stato di degrado. In questi giorni leggiamo dell’imminente concorso internazionale che interesserà l’area di cui parliamo e mi auguro vivamente che non finisca come gli altri concorsi indetti a Bari negli ultimi 10 anni: una assenza di passaggio all’esecuzione dopo l’assegnazione del vincitore. Alcuni sono clamorosi e qui li ricordiamo: il progetto di sistemazione di Santa Scolastica, Bari Centrale, l’ultimo concorso per il Lungomare di Bari.
Naturalmente l’estate è tempo di viaggi e abbiamo scelto di andare a scoprire un territorio e città che hanno analogie con la nostra, su molte cose, tranne che sullo sviluppo urbano e regionale e su come esso vada inteso. E ancor più sul turismo e su come la proposta culturale possa diventare un forte attrattore. Non stiamo parlando di eventi, ma di qualcosa di ben più duraturo. Ciò accade mentre crolla il ponte di Genova e allora le prime riflessioni vanno al sistema Paese. Abbiamo attraversato 4 delle 17 regioni autonome del nord della Spagna e apprezzato infrastrutture perfettamente funzionanti, con una quantità di ponti strallati, molti a firma del celebre architetto Santiago Calatrava. Sembrano una costante, come è una costante la percezione che la Spagna dopo la crisi edilizia abbia ingranato una marcia e una velocità che in Italia possiamo soltanto immaginare. Ma quel che colpisce di più è la capacità delle regioni di incidere fortemente sullo sviluppo del territorio, in molti casi basato sull’investimento in cultura come forte attrattore di una industria turistica che vale il 5,4% del PIL.
Si, la Spagna grazie alle sue regioni autonome, il che non sembri un ragionamento a favore del federalismo come alcuni vogliono farlo intendere in Italia, passa dal dire al fare e in ogni cosa hai la percezione della continuità amministrativa che non guarda al prossimo mandato ma a lungo termine, si direbbe in altri termini pensando alla pianificazione strategica. Del resto proprio il professor Sabino Cassese sul Corriere della Sera, qualche giorno fa riportava come un autorevole studio americano dimostrasse che solo il 9% delle leggi di un ottennato di presidenza USA viene cambiato. Questo vuol dire che la continuità aiuta la realizzazione di progetti che, è vero anche in Spagna hanno un lungo avvio, ma poi si realizzano e producono impatto economico significativo per i territori.
Ecco alcuni esempi.
Bilbao è il capoluogo della regione basca con circa 350 mila abitanti che ha compiuto una scelta nel 1991 capace di generare un impatto enorme nell’economia della città. Nel 1991 la Regione Basca e quella del golfo di Biscaglia chiede alla Guggenheim Foundation nel programma di espansione delle sedi a livello internazionale di costruire un museo dal forte valore iconico a Bilbao. Nel primo anno con un piano strategico che viene redatto per ogni triennio, il celebre museo disegnato da Frank Gehry raggiunge quasi 1,3 milioni di visitatori e nel corso di questi quasi 20 anni raggiunge obiettivi di grande prestigio internazionale. Due elementi colpiscono di questo grande progetto. L’intuizione della amministrazione regionale basca di affidare la rinascita della città in crisi per il declino dell’industria dell’acciaio ad un museo e la capacità di generare enormi ricadute sul territorio. Guggenheim Bilbao produce 32,2 milioni euro di ricavi annui tra ingressi e annessi (bar, bookshop e altro) ma genera circa 485 milioni euro in termini di effetti sul territorio dei quali 65,8 di imposte dirette ed indirette che entrano nelle casse regionali. I dati sono del 2016, (Impatto economico della Guggenheim Foundation a Bilbao http://www.guggenheim-bilbao-corp.eus/wp-content/uploads/2011/03/Estudio-de-Impacto-Economico-2016_EN.pdf)
Stupisce di questa regione ed in generale di tutte le regioni atlantiche spagnole, quasi tutte comunità autonome, la capacità di programmare lo sviluppo del territorio attorno a due temi. La cultura come modello di generazione di valore e l’architettura come fenomeno attrattivo, con progetti molto spesso a firma di grandi architetti o studi internazionali, che si pongono in relazione con edifici storici, anche posti sul mare. Se ne percepisce in ogni modo un coraggio, prima amministrativo poi di conseguenza progettuale che sfocia in una continuo confronto tra storia e modernità.
A soli 90 km ad est di Bilbao a San Sebastiàn nel golfo di Biscaglia, l’architetto Moneo sul sito del vecchio Kursaal (ndr per i baresi; una sorta di teatro Margherita) progetta un edificio di vetro dove ogni anno ha luogo il celebre festival internazionale del cinema (con star internazionali e 8,3 mio di budget solo metà di contributi pubblici, https://www.sansebastianfestival.com/in/). A pochi passi Nieto Sobejano sotto il castello di San Telmo progetta il museo omonimo incastonato sotto la montagna e perfettamente integrato. E che dire della Tabakalera, ovvero la manifattura dei tabacchi, con un cannocchiale di cristallo sul tetto ottocentesco, convertita in centro per le arti contemporanee e luogo di eventi. San Sebastiàn o Donostia per i baschi, per intenderci è una città da poco meno di 190 mila abitanti. In una media città c’è un concentrato di stelle Michelin che ne fanno una capitale della gastronomia e un efficiente Convention Bureau che gestisce gli spazi in modo manageriale. Una piccola Parigi sul piano storico architettonico in cui contemporaneo e storico convivono felicemente sulle due spiaggie cittadine affollatissime e super organizzate.
Spostandosi verso ovest non sono diverse le città della Cantabria e delle Asturie che hanno avuto lo stesso approccio di Bilbao e San Sebastiàn. Sembra quasi che ci sia una gara a fare meglio dei vicini, a lavorare per una offerta competitiva sia pure in una cornice coerente, dove cultura e architettura sono un framework di riferimento per queste regioni.
Avilès (85 mila abitanti) con il suo Rìa che la rende il secondo porto commerciale delle Asturie ha un piccolo gioiello architettonico posto tra il porto e la città vecchia. Un auditorium di Oscar Niemeyer, http://www.niemeyercenter.org/15/centro-niemeyer.html che ha ridefinito il profilo della città diventando luogo aggregazione e di cultura. Il porto è collegato alla città da una ponte sul fiume, che anche questo magistralmente progettato, che riconnette il porto alla città. Se ne discute da anni di apertura del porto di Bari, ma oltre le buone intenzioni non si è andati per il momento.
Ad Oviedo (221 mila abitanti) città rilevante delle Asturie colpisce anche qui in pieno centro storico l’intervento sul Museo delle belle arti http://www.museobbaa.com/en/museum/buildings/modern-wing/, dove l’architetto Patxi Mangado, svuota quattro edifici storici, lasciando soltanto i prospetti, ponendo all’interno un nuovo volume permeabile e trasparente. È una doppia facciata molto bella dove materiali moderni si accostano alla pietra. Anche qui non si può non notare un certo coraggio progettuale e della committenza a sostenere un intervento realizzato nel 2015 con un concorso internazionale. Nei dintorni della cattedrale barocca su cui affaccia il museo si susseguono interventi simili. Residenze private di stampo contemporaneo dialogano con edifici barocchi, per uso dei materiali e disegno dei prospetti, sembra gareggino a conquistare l’occhio del visitatore.
A La Coruña (244 mila abitanti) l’atmosfera atlantica si afferma maggiormente. L’ingresso alla città, prosegue come un boulevard il tratto della Autostrada della Cantabria, che entra in città dolcemente fino a sbucare sul Paseo Maritimo ovvero su Avenida de Mariña. L’ariosità e la portata dell’intervento sulle infrastrutture appare armonioso grazie ad un ponte che entra direttamente in città, quasi senza farsi notare. La Coruña stupisce sopratutto la sua architettura storica e che costituisce le Galerias, che tracciano il confine davanti al porto turistico della città. Anche qui prende luogo un intervento architettonico moderno di fronte ai palazzi ottocenteschi. Si tratta della AFondacion con un bell’edificio progettato da Nicholas Grimshaw. Qui non stupisce la qualità progettuale benché pure premiata dal Royal Institute of British Architects (RIBA), quanto che ABanca il principale finanziatore si è impegnato a sostenere i progetti di intervento sociale e culturale per 25 anni con un fondo da 5 milioni di euro annuo.
Colpisce la godibilità del lungomare per due elementi. Un parcheggio sotterraneo di fatto sotto il livello dell’acqua, che fa sparire letteralmente le auto dalla vista restituendo al pedone il piacere del passeggio in riva al mare (esiste una corsia per i soli mezzi pubblici) e la spiaggia cittadina Bandiera Blu, dove gli abitanti e i turisti fanno il bagno nelle fredde acque dell’Atlantico. Trascuriamo i servizi aggiunti dalle docce ai servizi igienici alle attrezzature per la spiaggia.
Ed infine Santiago de Compostela, per un quasi ateo come me, si manifesta con grande sorpresa come una città molto meno religiosa di quel che le cronache vogliono restituire. Intanto perché il cammino lo fanno tutti; atei, cattolici, trekker e ciclisti al di là di ogni fede e per ogni tipo di pellegrinaggio. Una città che ha fatto delle sue cento chiese e della completa chiusura al centro delle auto, la sua ragione di essere attorno ai simboli della Galizia, boschi, mare e architettura e naturalmente il celebre Cammino. Non a caso il marchio del cammino è una conchiglia, le buonissime Zamburiñas, o Pettini di mare (una sorta di piccole San Jaques davvero squisite “a la plancia” che si allevano nelle Rias Baixas, un po’ come le cozze di Taranto) sembra davvero sintesi di tutti valori del territorio. La sua identità si fonda sull’accoglienza. Bene a Santiago non mancano due lavori interessanti. Il primo intervento fu realizzato 25 anni fa su progetto di Alvaro Siza, un parallelepipedo in pietra che è posto davanti ad un edificio storico e sembra proprio non volersi mettere in relazione con questo. Solo la pietra del progetto di Siza annerita dal tempo fa dialogare i due edifici. Sembrano invecchiati allo stesso modo. 25 anni fa Siza progetta uno strumento nel cuore della cristianità spagnola, appena fuori dalle mura il Centro per l’arte contemporanea della Galizia http://cgac.xunta.gal/EN con una ottima collezione di arte moderna e contemporanea e con due mostre temporanee molto belle. Si tratta di un intervento realizzato dalla Xunta de Galizia (regione Galizia) nel 1993. Il Madre di Napoli come museo regionale è solo del 2004!
Il secondo intervento la Cidade da Cultura è stato progettato dall’architetto americano Peter Eisenman al termine di una call internazionale a cui hanno partecipato tra gli altri Libeskind, Nouvel, Holl, Perrault, Koolhas, Bofils e altri. Entra in funzione nel 2012 diventando luogo per mostre, eventi e attività culturali nonché incubatore per imprese creative. Dal piano strategico si rileva che nel 2018 ha attività per 10,5 milioni di euro con un contributo per la metà della regione galiziana e il resto per attività proprie. È una costruzione multipla e fantastica in cui l’architettura rende fisiche le aspirazioni del progetto. Realizzare un luogo che sia in grado di fare da traino allo sviluppo culturale galiziano. Mi pare che i numeri dicano molto in tal senso.
Cosa possiamo trarre da questi esempi? Che per progettare lo sviluppo, su elementi come la cultura e il turismo occorre una visione di lungo termine, coraggio politico e continuità amministrativa. Cosa possiamo trarre sul piano dello sviluppo urbano? Che i sistemi urbani non sono slegati da quelli più ampi del territorio in cui si collocano. Che occorre fare concorsi internazionali e realizzarli in tempi e a costi certi, pensando già a quale funzionamento avranno, con strumenti pubblico privato di governo e gestione. Tutti gli esempio qui citati sono gestiti da Fondazioni pubblico privato con piani triennali. Che è tempo di fare, fare, fare, sperimentando il più possibile il dialogo pubblico privato, con un po’ meno politica.
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